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Un nuovo modo di dare un feedback in azienda: il caso Hassel

“Dobbiamo parlare” è considerato uno tra i più temuti incipit che qualcuno possa ricevere.

Un preludio che non presuppone un dialogo ma un obiettivo. La persona che la usa come apertura di un discorso sa già esattamente ciò che vuole dire e gli effetti che le sue parole avranno sull’interlocutore.

È per questo che fa così paura a chi la riceve, perché si ha la sensazione di essere costretti a subire senza possibilità di fuga.

Ma anche chi deve esprimere un feedback negativo è colto molto spesso da ansia e, con l’intenzione di non generare conflitti o emozioni negative nell’interlocutore, preferisce non darlo.

Eppure, nelle relazioni tra persone, il Feedback è un tema di fondamentale importanza. Un meta-studio, che raccoglie ben 7 ricerche sul tema, ha rilevato che il Feedback è correlato positivamente con la performance, specialmente se fornito nell’ottica di un miglioramento orientato al futuro.

Infatti, il Feedback produce i migliori risultati quando è obiettivo, affidabile, misurabile e specifico.

Ma in un contesto aziendale, come fare a dare un feedback senza suscitare emozioni negative? E come accogliere il feedback di un collega o di un capo?

È la domanda che si è posta l’azienda “Hassel Omnichannel”, agenzia veneta specializzata in Brand Journalism. Per loro, Dual è intervenuta con un laboratorio della durata di mezza giornata in sede per riflettere e “giocare” sul tema. L’intero team vi ha preso parte e, insieme, si è provato a creare uno schema per dare e ricevere un feedback in maniera efficace.

Il metodo P.I.E.T.A.S.

La ricezione di un feedback si ripercuote nelle cinque aree S.A.C.R.E. del cervello che fanno riferimento a cinque dimensioni sociali primarie con cui il nostro cervello risponde a minacce percepite. Se toccate, il feedback diventa inefficace. Una di queste è il senso si “Status”, se la persona percepisce che chi le dà il feedback sta mettendo in discussione il suo ruolo di manager o di responsabile di una certa cosa reagirà con una delle tre modalità “fight – freeze – fly” e la comunicazione si interromperà.

Una soluzione per non scatenare emozioni negative in chi riceve il feedback è quello di applicare il metodo P.I.E.T.A.S., creato dal nostro partner Feliziano Crisafulli, che indica le 6 fasi che non devono mancare in un processo di feedback, cioè Permesso, Inquadramento, Esempio, Tentativo, Azione e Suggello.

La prima lettera sta per “Permesso”, ovvero scegliere il momento adatto.
Es. “Vorrei condividere un feedback, quando hai un momento?” – “Posso condividere un feedback ora?”.
Può sembrare marginale ma è un passaggio importante perché trasferisce il controllo della situazione al ricevente il feedback. È lui che deve decidere se, come e quando. Questo piccolo passaggio di potere riduce l’ansia e predispone il ricevente.

Inquadramento, ovvero iniziare il discorso premettendo quanto si sta per dire.

Esempio, è il cuore del feedback, ovvero è il momento in cui si descrive il fatto così come è accaduto senza esprimere un giudizio categorico riferito al comportamento dell’interlocutore.

Tentativo (o Trasferimento), ovvero il tentativo di costruire insieme una visione di ciò che è successo e ragionare a quali implicazioni ha portato.

Azione, è il momento in cui il feedback guarda ad un miglioramento per il futuro.

Suggello, la fase finale in cui si concordano i passi successivi.

Durante il laboratorio, il modello P.I.E.T.A.S. è stato utilizzato per l’elaborazione di un caso pratico realmente accaduto in azienda e ne è scaturito uno schema sintetico da utilizzare in futuro per dare un feedback in azienda.

Articolo di: Feliziano Crisafulli

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